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La Giornalista Luisella Berrino (Radio Montecarlo) intervista Marina Dionisi.

 

- Amici in ascolto a “Saranno scrittori”, attenzione! Voglio prepararvi a scoprire che nulla è come sembra e che tutto ciò che ci circonda non è l’unica realtà che esiste… vi inquieta un po’? E’ una frase che prendo dal libro di quest’oggi: “Il dono di Rebecca”, scritto da Marina Dionisi che è al suo esordio come scrittrice ed è studiosa del Paranormale. “Il dono di Rebecca”  è stato pubblicato dalla Deinotera Editrice. Buongiorno, Marina!

 - Buongiorno Luisella e buongiorno a tutti gli ascoltatori.

 

- Allora… Deinotera cosa vuol dire?

     -  “Deinotera” è un termine che deriva dal greco, da “deinos”. Deriva da una tragedia di Sofocle, l’Antigone, ove lo scrittore diceva che non c’è niente di più meraviglioso e terribile dell’uomo: l’uomo, questo essere capace di andare a caccia, prendere gli uccelli, compiere atti meravigliosi, allo stesso tempo è capace di commettere azioni terribili. Da qui, il logo del ciclone: una manifestazione della natura talmente meravigliosa a vedersi, ma che allo stesso tempo causa terrore.

 

- Dunque… devo dirti che “Il dono di Rebecca” è un libro che prende moltissimo! Vi si parla della famosa sibilla cumana: puoi parlarci e dirci qualcosa di più per incuriosire le persone che ci stanno ascoltando?

     - La sibilla cumana era una profetessa d’Apollo. Raccoglieva le foglie, vi scriveva le profezie e le affidava al vento. Gli uomini le raccoglievano e tentavano di leggervi il proprio futuro e cosa sarebbe loro accaduto. Ho scritto questo libro chiedendomi: cosa sarebbe accaduto, cosa e chi sarebbe stata la sibilla cumana se avesse vissuto ai nostri giorni? Se avesse vissuto veramente tante vite quanti i granelli di sabbia racchiusi nella sua mano?... Perché la sibilla ebbe il coraggio di rifiutare l’amore di un Dio e in cambio ebbe la peggiore delle maledizioni. Ma se avesse vissuto ai nostri giorni, cosa sarebbe stata? Sarebbe stata una sensitiva. Una sensitiva alle prese con la vita di tutti i giorni, una sensitiva che avverte la realtà in maniera diversa perché la realtà ha tante sfumature: sfumature che logicamente non tutti avvertono, ma che una persona un po’ più sensibile, una sensitiva, avverte. Tutti portano al polso un orologio al quarzo e trovano normale che quelle lancette si muovano grazie alle vibrazioni del quarzo che è un minerale, una pietra… ma storcono il naso quando si dice che anche gli oggetti e le persone possono emanare energia.

 

- So che hai conosciuto Gustavo Rol.

- Ho conosciuto Gustavo Rol da bambina. Mi ci portò mio padre perché, vedendomi diversa, voleva farmi acquisire un po’ di fiducia in me stessa. Ricordo un signore, in una casa elegantissima, che mi incuteva tanta, tanta soggezione! Invece lui si mise a fare il verso ai torinesi, si mise a parlare in torinese e riuscì a farmi ridere. Fu proprio lui a dirmi quella frase che invece, nel mio romanzo, metto in bocca a un altro personaggio: Sii sempre te stessa e non avere mai paura di nessuno. Importante è che tu non ti faccia mai usare dagli altri… vedrai! Vedrai che ci riuscirai! E fu un uomo che riuscì a darmi tanta serenità e tanta sicurezza.

 

- Senti… da quale necessità nasce la scrittura di questo libro? Perché hai scritto “Il dono di Rebecca”?

 - L’ho scritto per riuscire a raccontare il mio paranormale: un paranormale che non dev’essere né sensazionale né spaventoso. Ho notato che ci sono film, romanzi, racconti dove il paranormale immancabilmente spaventa… fa venire l’infarto! Il paranormale non è spaventoso, il paranormale altro non è che un’altra sfaccettatura della stessa realtà. È l’altra faccia della medaglia, altro non è che una parte di noi: sono le vibrazioni emanate dalle persone e dagli oggetti - e quindi la memoria che sta negli oggetti - che vengono percepite, più o meno, dalle persone.

 

- Allora! Marina Dionisi e “Il dono di Rebecca”: una lunga conversazione, ma ne valeva la pena! Romanzo edito dalla Deinotera Editrice. Ti ringrazio molto, Marina, e spero d’avere l’occasione di rincontrarti.

 

 



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