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				13 Novembre 09 
				Art Litteram con Cinzia Baldini recensisce "L'Uomo che dipingeva 
				con i coltelli" di Marco Mazzanti 
				"…Dmtrj era albino. E per 
				questo non poteva uscire molto spesso di casa. Quando lo faceva 
				era quasi sempre sera e, se varcava quelle quattro mura di 
				giorno, doveva coprirsi completamente. La gente lo scherniva e 
				lo temeva: credeva che fosse figlio di Satana, che fosse in 
				possesso di particolari facoltà demoniache. Tutti tendevano a 
				puntare il dito su di lui quando si abbattevano piccole carestie 
				o si verificavano scarsi raccolti o altri gravi eventi.
				 
				Non aveva amici. Nessuno aveva mai osato 
				avvicinarsi a lui. …". Dmtrj quindi era un "diverso"! E non 
				solo era diverso per il suo aspetto "scolorito" ma anche per il 
				modo di vedere le cose, perché fino all’età di sedici anni era 
				stato cieco. La cecità gli aveva risparmiato le umiliazioni e i 
				patimenti che la paura del "diverso", di ciò che non si capisce, 
				di chi non è uguale a noi, ha sempre generato in ogni epoca 
				storica e a qualsiasi latitudine. Il mondo di tenebre in cui si 
				trovava, involontariamente, a vivere, come sempre accade, gli 
				aveva permesso di sviluppare in maniera acuta gli altri quattro 
				sensi ma il riacquistare la vista, per merito di un guaritore 
				capitato per caso nel suo paese, non gli porta la normalità 
				auspicata. Il contrasto tra il suo mondo immaginario e quello 
				reale è un trauma talmente forte che riuscirà a metabolizzarlo 
				solo con l’arte della pittura. Un’arte personalizzata, malata, 
				che rasenta la follia ma proprio perché si libra sul filo della 
				malattia mentale è un’arte che raggiunge una perfezione di forme 
				e una variante di colori incredibili. Lo studio incessante e 
				maniacale dei colori, il loro amalgamarsi, scindersi, 
				sciogliersi con le altre sostanze, sfumare delicatamente con il 
				sole o rapprendersi all’aria è il punto di forza di questo 
				inusuale ma senz’altro validissimo personaggio, protagonista del 
				romanzo d’esordio di Marco Mazzanti.  
				A Dmtrj diverso per nascita e fisico, si 
				contrappone un altro "diverso" per la morale comune: Scile. È un 
				ragazzo che già da bambino, per vivere, si prostituisce. Le 
				sodomizzazioni e le crudeltà a cui è sottoposto lo portano ben 
				presto a nutrire un rancore sordo e profondo verso i suoi simili 
				tanto da indurlo a prendere una decisione estrema: lo scopo 
				della sua vita sarà quello di farsi giustizia da solo, di 
				vendicarsi delle umiliazioni corporali e delle angherie 
				psicologiche subite. 
				I due personaggi così diversi nei loro 
				colori, per rimanere nel tema del racconto, differenti 
				fisicamente e nel modo di vivere, per estrazione sociale sono, 
				però, accomunati dallo stesso sordo rancore verso gli esseri 
				umani che entrambi non riconoscono tali ma che definiscono 
				sprezzantemente "carne" intendendo con questo termine solo una 
				massa informe di organi, pelle ed ossa che, priva di sentimenti, 
				abita il mondo. Ma ancora di più, con abile mossa, l’autore li 
				vincola indissolubilmente uno all’altro, facendoli innamorare 
				della stessa donna. 
				La giovane e bellissima Asja, albina e 
				cieca, anche lei, dalla nascita, è come un fugace raggio di sole 
				che penetra, rischiarandola appena, la notte senza fine delle 
				anime cupe e perdute dei due uomini. Spettacolare il contrasto 
				che Marco Mazzanti riesce a creare con la descrizione dei colori 
				tenui e delicati e la dolcezza che emana la fanciulla e gli 
				animi corrotti ed esacerbati dei due pretendenti.  
				Ciò che più mi ha colpita, leggendo il 
				romanzo, è stato l’approfondimento psicologico dei protagonisti 
				tanto che la ritengo una caratteristica peculiare del lavoro di 
				Mazzanti. Sembra che l’autore abbia scomposto, studiato e 
				ricomposto la mente di ognuno di loro fin nei più remoti 
				recessi, che ogni singolo neurone non sia sfuggito alla sua 
				scrupolosa analisi. Come se Dmtrj, Scile ed Asja siano passati 
				sul lettino di uno psichiatra e l’autore, presente all’incontro, 
				abbia annotato ogni loro esternazione.  
				Gli appunti "visivi" che l’autore inserisce 
				nei paragrafi sono eccezionali, come incredibilmente precisi 
				sono gli odori ed i sapori che si percepiscono sfogliando le 
				pagine de "L’uomo che dipingeva con i coltelli". Neanche gli 
				scenari che si susseguono a ritmo incalzante sono mai 
				approssimativi ma sempre ben delineati e la natura fa da 
				supporto perfetto, anzi oserei dire, evidenzia ancora più 
				chiaramente i tormenti delle anime. Meritevole di un breve 
				accenno è il pathos che l’eterno pellegrinare dei protagonisti, 
				di terra in terra, senza pace, senza saper mettere radici, si 
				sprigiona fin quasi dai primi capitoli e che non può non far 
				pensare alla ricerca disperata di una irraggiungibile pace 
				interiore. 
				È un thriller d’effetto per l’originalità 
				della vicenda narrata, per il periodo storico abbastanza 
				inconsueto –gli albori dell’anno 1000- e l’insolito ma efficace 
				impatto visivo/olfattivo che intrigano chi legge. Sostenuto 
				dalla trama ricca d’azione e di colpi di scena, dalla narrazione 
				scorrevole e dall’eccellente proprietà di linguaggio 
				dell’autore, che non viene mai meno fino all’ultimo rigo, è un 
				volume che consiglio di inserire nella propria libreria. 
				 
				Perchè leggerlo?E' un romanzo fuori dagli schemi usuali a cui siamo abituati
 
				Perchè non leggero?Non trovo motivi validi per sconsigliarlo
 
				Ti piace se...Non è il mio genere ma leggerlo è davvero imparare qualcosa a 
				livello di descrizioni letterarie
 
				Il pregio principaleI colori che l'autore riesce a dipingere con le parole
 
				Il difetto principaleNiente da dichiarare
 
				Una frase significativa"...Dmtrj era albino. E per questo non poteva uscire molto 
				spesso di casa. Quando lo faceva era quasi sempre sera e, se 
				varcava quelle quattro mura di giorno, doveva coprirsi 
				completamente. La gente lo scherniva e lo temeva: credeva che 
				fosse figlio di Satana, che fosse in possesso di particolari 
				facoltà demoniache. Tutti tendevano a puntare il dito su di lui 
				quando si abbattevano piccole carestie o si verificavano scarsi 
				raccolti o altri gravi eventi. Non aveva amici. Nessuno aveva 
				mai osato avvicinarsi a lui. ...".
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